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"Condannata per avere fatto il mio lavoro"

pubblicato 1 ago 2011, 07:29 da Mauro Sarti
NAPOLI - "In queste ore frenetiche sono attraversata da tante, diverse emozioni, dalla rabbia per una ingiusta e, per certi versi, assolutamente ridicola, condanna, alla contentezza, per le telefonate di solidarietà che non si fermano e mi fanno sentire meno sola in questa vicenda assurda. Assurda per tante ragioni. Non solo perché sono stata condannata  per un reato mai commesso, ovvero “istigazione a una manifestazione non autorizzata”. Io quella famosa sera del 21 gennaio al sit-in che si è svolto davanti al teatro San Carlo -  dopo una giornata a dir poco campale coronata da varie iniziative di protesta assolutamente pacifica e non violenta degli operatori sociali del comitato Il welfare non è un lusso - non c’ero. Ma analizziamo bene i fatti. Perché nella sentenza c’è scritto il mio nome? Semplicemente perché quel giorno, nel pieno svolgimento della mia funzione di addetta stampa in sostituzione della responsabile dell’ufficio Ida Palisi, ho “osato” salire a Palazzo Santa Lucia per un incontro in cui i rappresentanti istituzionali della Regione avrebbero dovuto dare risposte concrete ai lavoratori sociali, in stato di agitazione da mesi per i mancati stipendi".

"È lì che sono stata identificata, come era normale che fosse. Non ero da sola, ma in delegazione, in compagnia di altre due persone, Sergio D’Angelo, allora portavoce del comitato, e Gianni Manzo, operatore sociale, ma il mio ruolo era completamente diverso dal loro: io ero lì per ascoltare, prendere nota e riportare. Quelle informazioni non solo le avrei trasmesse a Ida Palisi per la stesura del comunicato stampa, ma mi sarebbero anche servite per scrivere uno dei tanti lanci da Napoli per l’agenzia di stampa Redattore Sociale. Sono stata, dunque, bersaglio facile di una condanna (peraltro avallata da un decreto del periodo fascista) solo per esercitare un legittimo diritto di cronaca?"

"Ma ciò che è ancora più grave e anomalo riguarda le modalità in cui io e le altre due persone indagate con me siamo state messe al corrente della nostra condanna (una condanna non da poco: 4 mesi di reclusione, pena sospesa e commutata nel pagamento di una ammenda di 15 mila euro). Siamo stati condannati in contumacia, senza dibattimento alcuno, e questo ha dell’incredibile, come mi hanno fatto notare persone ben più esperte di me in materia. Continuo a chiedermi come sia possibile essere condannati così mentre si fa il proprio lavoro o, nel caso specifico degli operatori sociali, mentre si lotta per rivendicare il proprio diritto al lavoro per sé e quello all’assistenza dei cittadini più deboli. Sono basita per tutta questa situazione, ma spero che la giustizia faccia il suo corso, e si possa arrivare in tempi brevi all’accertamento della verità. Ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi hanno manifestato la propria solidarietà, dall’Ordine dei Giornalisti della Campania, nella persona di Ottavio Lucarelli, ai colleghi giornalisti, e, in particolare, al Coordinamento Giornalisti precari della Campania. Un grazie particolare va a tutti gli operatori sociali del comitato Il welfare non è un lusso, che certo non smetteranno di lottare per i loro diritti e per quelli delle persone più fragili. ( Maria Nocerino www.redattoresociale.it ) 

A Maria Nocerino va il sostegno e la solidarietà del Coccodrillo
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