Dopo
l’esame di stato per diventare giornalista professionista si è lanciato
in una serie di viaggi che lo hanno portato in tutto il Mediterraneo,
da Malta alle Canarie fino a Tangeri, Cipro e Patrasso. Marco Benedettelli
è uno dei 29 ex allievi del biennio 2007-2009 della scuola di
giornalismo di Bologna. Classe ‘78, Marco ha deciso di provare la via
del viaggio-reportage lungo quella che chiama “la frontiera sud dei
flussi migratori europei”. E così si è ritrovato a navigare di isola in
isola, armato di taccuino e telecamera, e a vendere i suoi servizi al
Fatto quotidiano, a Famiglia Cristiana, a Nigrizia e al Manifesto. ![]() Quella di Marco è una stata una scelta professionale forse atipica. Ma la sua storia ha una cosa in comune con quelle degli altri suoi 28 ex compagni di classe: la precarietà. Dopo anni di vacche grasse, Bologna non sembra più essere quell’eldorado del giornalismo che ci aveva portato a paragonarla al paese dei balocchi (di carta). “Alla fine mi sono preso tante soddisfazioni ma non riesco ancora a vivere senza i miei e, calcolando tutto, fino ad ora ho guadagnato meno di 500 euro al mese”. Insomma di giornalismo si può vivere oppure no? “Non ci si campa”, risponde Marco. Poi aggiunge uno speranzoso “Per ora”. Chi ha invece puntato tutto sull’ecologia è Sofia Capone, e ora scrive su rinnovabili.it, un quotidiano on line che si occupa di ambiente e energie alternative. “Dopo aver fatto qualche mese a Eco Radio sono riuscita a trovare questa collaborazione stabile. Certo l’articolo 1 è un miraggio e di collaborazioni non si vive a meno di non trovarne più di una e riuscire a gestirsele tutte”. C’è però chi è stata decisamente più fortunata e qualche diritto in più (malattia e ferie pagate ad esempio), anche se a tempo determinato, se l’è conquistato. Sabrina Pignedoli quando parla della scuola di giornalismo si illumina. “Devo tutto alla scuola, prima di metterci piede non avevo mai scritto una riga ed è solo grazie agli stage che sono arrivata al Carlino di Reggio”. Proprio in questi giorni Sabrina ha firmato il rinnovo del contratto per altri sei mesi, “Per ora è solo un tempo determinato ma – aggiunge - ci sono ottime possibilità di entrare stabilmente in organico”. Roberta Giaconi invece ad uno stipendio fisso ha deciso di rinunciare. Assunta già dopo il primo stage dall’agenzia Reuters, ha lasciato dopo un anno e mezzo per andare in Sudafrica e seguire i mondiali di calcio da freelance. “Oggi collaboro per diverse riviste e sono contenta. Al momento sto facendo un tirocinio pagato al Parlamento europeo e il 22 marzo mi trasferisco in Australia dove spero di poter continuare a fare la giornalista”. “Certo che ci sono possibilità all’estero”, spiega Giuseppe Cucinotta, 6 mesi al Corriere di Bologna a occuparsi di nera. “Ma di certo non a Bologna”, aggiunge subito. Giuseppe è uno dei tanti professionisti che non riescono a conquistarsi una retribuzione fissa e sono pagati a pezzo. Che nel suo caso significava 3 euro lordi per le notizie brevi, 10 per gli articoli fino a 40 righe e 15 euro per quelli più lunghi. “Alla fine, considerando le spese di trasporto e il telefonino, andavo ogni mese in perdita”. “Ero trattato come uno stagista con un rimborso spese eppure – spiega Giuseppe che da fine giugno è disoccupato e ora spera di trasferirsi a Roma – mi occupavo da solo di cronaca nera e non avevo mai un giorno libero, primo maggio e pasquetta compresi”. E conclude amaramente: “paradossalmente non lavorando guadagno di più”. A Marcello Maccaferri,
che fin dal biennio della scuola si è specializzato nello sport, le
cose fortunatamente vanno un po’ meglio. Ora lavora per il Portale
Virgilio e scrive di auto e moto. “La scuola mi ha preparato bene, certo
non ti apre tutte le porte ma la rifarei sicuramente”. E la
retribuzione? “Per adesso non mi voglio lamentare e la gavetta è
obbligatoria. Certo che se fra due anni lo stipendio resterà questo bisognerà cambiare lavoro”. (di Giovanni Stinco, da www.lastefani.it ) |
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