La chiamano legge bavaglio. Perché è come un fazzoletto
cucito sulla bocca di editori e giornalisti. Il ddl sulle intercettazioni si
avvia a diventare legge. A grandi falcate, nottetempo, con ritmi estenuanti, in
commissione giustizia al Senato, uno dopo l’altro si passano in rassegna gli
emendamenti. Di certo non si potrà più dire che i parlamentari sono fannulloni,
dopo aver fatto questo tour de force per
spegnere la luce sui processi, sulle indagini, persino sulla semplice cronaca
nera. E dopo aver azzoppato irrimediabilmente le investigazioni anticorruzione
e antimafia. Nonostante dicano che le norme in esame non riguardano le indagini
antimafia, infatti, è proprio attraverso le intercettazioni il più delle volte
che si scopre che per alcuni reati si debba procedere con l’aggravante mafiosa. Passa, di notte, la norma che fissa la durata massima delle intercettazioni, che impone il paletto dei “gravi indizi di reato”, e quello dell’autorizzazione collegiale del tribunale piuttosto che del solo pm che ha in carico l’indagine, come avviene ora. Passa, di notte, l’inasprimento delle pene per giornalisti ed editori che pubblicano atti secretati e intercettazioni. Si parla di 6 anni di carcere e di sanzioni di 20 mila euro per i cronisti e di 500 mila per gli editori. E non è finita, per come è disegnato, questo disegno di legge, prevede che non si potrà pubblicare nulla fino all’udienza preliminare. Il che significa che ad esempio per decenni non si sarebbe potuto scrivere nulla sulla strage di Ustica o sulla morte di Peppino Impastato. La chiamano legge bavaglio. Ma il Coccodrillo pensa che questa definizione sia frutto di un equivoco. Pare così che il problema sia solo dei giornalisti e degli editori. L’errore nasce dal fatto che difficilmente, ancora, in Italia, si pensa alla stampa come a un patrimonio collettivo, alla libertà di stampa come a un diritto fondamentale di ogni cittadino, non solo del giornalista. Un ritardo culturale, il terreno più fertile per aprire la strada a scivoloni eversivi. La legge bavaglio è in verità una norma tappo. Non riguarda solo la bocca imbavagliata dei giornalisti o le mani legate dei magistrati. Riguarda le orecchie di ognuno di noi. Che saranno assordate da un tappo di cera marchiato Repubblica Italiana, una protesi liberticida che tutti i cittadini saranno costretti a indossare.
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