Trecento allievi delle scuole di giornalismo firmano un documento con cui chiedono all’Ordine nazionale e al sindacato la possibilità di fare gli stage anche in aziende in stato di crisi, come Repubblica o l’agenzia di stampa Agi ROMA – Oltre al danno la beffa. Questo pensano gli allievi delle 17 scuole di giornalismo italiane che hanno visto in questi giorni infrangersi un sogno: niente stage nelle redazioni in stato di crisi, come Repubblica o l’Agi. Nessun preavviso, neanche il tempo di trovare una soluzione alternativa: molti studenti erano già con la valigia pronta e il contratto per una nuova camera firmato. Sono decine i praticanti (regolarmente iscritti all’Albo) che devono fare i conti con questa situazione. Un problema che in realtà si trascina da tempo, ma che solo nell’ultimo mese è esploso. Da tempo le aziende editoriali sanno che, per tutelare i professionisti disoccupati o in cassa integrazione, non possono sostituirli con stagisti. Già da febbraio, quindi, le scuole sapevano che molte redazioni in crisi non avrebbero preso allievi stagisti, ma alcuni editori, che in un primo tempo avevano accolto ugualmente le domande in deroga all’accordo con il sindacato, hanno poi dato disdetta all’ultimo minuto. Gli stage dovrebbero far parte del percorso formativo di chi si iscrive a una scuola di giornalismo: un mezzo per entrare nelle redazioni, farsi conoscere e imparare il mestiere sul campo. Per chi paga anche diecimila euro e più per diventare praticante giornalista all’interno di una scuola riconosciuta dall’Ordine dei giornalisti è proprio lo stage ciò che più conta, in vista dell’esame di stato e di una possibile futura assunzione. Ora, però, decine di allievi si ritrovano privi di stage o costretti a ripiegare all’ultimo minuto su redazioni decentrate o uffici stampa, in attesa che le parti in causa – Federazione della stampa, Ordine dei giornalisti e direttori delle scuole – trovino un accordo.“Su temi come questi a mio parere non è possibile raggiungere un’intesa”, sostiene Giovanni Rossi, segretario aggiunto della Fnsi. “Abbiamo già sottoscritto con gli editori una norma per lo stato di crisi. Non devono arrivare stagisti in un’azienda dove il lavoratore è in cassa integrazione, sarebbe un insulto”. Nel frattempo, gli allievi delle scuole si sono coordinati in pochi giorni, creando un gruppo su Facebook che ora conta 450 adesioni con 11 scuole rappresentate. Insieme hanno redatto un documento, firmato da 300 di loro e inviato al presidente della Fnsi Franco Siddi e al segretario dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino, in cui chiedono che venga rispettato il loro diritto agli stage anche nelle aziende in stato di crisi. “Tutto il settore dell'editoria è in difficoltà e le opzioni, se si escludono le aziende in stato di crisi, sono veramente poche, mancano le alternative”, scrivono nel comunicato. Dalla Fnsi, per ora, nessuna risposta. “Tra i trecento che oggi firmano il documento, un giorno ce ne sarà un centinaio che ci contesterà di essere permissivi con gli stagisti”, risponde ancora a titolo personale Rossi. Il 12 maggio è previsto a Roma un incontro tra i direttori delle scuole e la Fnsi, per cercare di sciogliere anche questo nodo. Ma nel frattempo molti ragazzi sono ancora a piedi, senza stage e senza i soldi della caparra già versata per trasferirsi in altre città. “Questa è la Grecia del giornalismo italiano”, commenta Angelo Agostini, direttore del master in giornalismo della Iulm di Milano. “Se il giornalismo rinuncia a formare i professionisti di domani è destinato al suicidio”. Il problema nasce anche da un cavillo ortografico. L’Ordine dei giornalisti, infatti, pur essendo d’accordo sul fatto che gli stage non possono essere fatti in aziende in stato di crisi, aveva deliberato a febbraio una deroga per il 2010 e il 2011, per consentire agli allievi delle scuole di fare ugualmente lo stage in grandi redazioni. Ma la Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti, non ha gradito l’invasione di campo. Il 29 aprile, a pochi giorni dal termine delle lezioni, ha fatto sentire la propria voce, ricordando ai comitati di redazione che alle aziende editoriali che hanno fatto ricorso alla cassa integrazione “è assolutamente vietato procedere all’effettuazione di stage per borsisti e allievi”. La nota diffusa ha messo in moto un gigantesco dietrofront, che ha visto annullate decine di stage in tutta Italia, a pochi giorni dal loro inizio che era fissato nella maggior parte dei casi per il 3 maggio. A nulla è valsa la precisazione dell’Ordine nazionale che sosteneva come il problema fosse nato da un disguido ortografico: “Purtroppo una “e” ha indotto in errore: nel citato Allegato D è scritto, infatti, che nelle aziende in stato di crisi è vietato “procedere all’effettuazione di stage per borsisti allievi”. Come si nota, manca la “e” tra le parole borsisti e allievi: quindi, il divieto vale solo per quegli allievi che siano anche borsisti, tipologia che non riguarda certamente i praticanti della scuole di giornalismo, i quali non percepiscono alcuna borsa”. Anche questo è un nodo da sciogliere nell’incontro del 12 maggio. (www.redattoresociale.it) |
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